Uno dei limiti che vengono generalmente associati alla diffusione delle auto elettriche, sia in Italia che non, è quello legato all’inadeguatezza delle infrastrutture. In particolare, sono in molti a pensare che le colonnine di ricarica non siano tante da far vivere serenamente senza “range anxiety”. In realtà non è affatto così (basta guardare una qualsiasi app che mostri dove potere ricaricare la propria auto, per notarlo), soprattutto per Tesla. Che, oltre ad avere un’autonomia di gran lunga superiore a quella delle sue concorrenti, ha alle spalle un’intera rete di stazioni di ricarica veloce come i Supercharger e di partner come i Destination Charging. Peculiarità del marchio di Palo Alto che danno valore aggiunto ai suoi prodotti, anche in borsa.
I Supercharger non sono solo stazioni in cui ricaricare la propria Tesla in tempi decisamente ridotti (venti minuti per l’80% di ricarica), ma sono state sin dall’inizio un segno distintivo della casa automobilistica californiana. Sono ormai prossimi alla prima decina di migliaia in tutto il mondo (Italia inclusa), e in certi casi si sono diffusi indipendentemente per un semplice motivo: hanno anticipato le utility e i governi di alcuni Paesi, sviluppando una rete propria anche in mancanza di un sistema infrastrutturale adeguato.
Oltre ai Supercharger, come sappiamo, c’è anche la rete dei Destination Charging, hotel, ristoranti, centri commerciali, resort partner di Tesla sparsi in tutto il mondo che offrono la possibilità di ricaricare la propria auto mentre vi si pranza, soggiorna o semplicemente si beve un caffè. In Italia si stanno rapidamente avvicinando alle duecento unità: parte di una strategia che, come spiegano dalla casa madre, porterà il network europeo a continuare a crescere esponenzialmente nei prossimi mesi, aggiungendo centinaia di siti di ricarica su tutto il territorio del vecchio continente.
Un aspetto molto interessante dell’approccio sistemico che Tesla mostra anche nello sviluppare il network di Supercharger e Destination Charging è che questi non rappresentano un indubbio vantaggio solamente per i suoi clienti, ma anche per la stessa azienda. E’ infatti di questi giorni la notizia che, dopo una battuta d’arresto, le azioni di Tesla in borsa sono ricominciate a salire dopo che alcuni analisti finanziari hanno definito come un indubbio vantaggio rispetto alla concorrenza le centinaia di stazioni di ricarica e di esercizi che garantiscono ai Tesla owner una rete capillare ed efficiente a cui affidarsi.
In particolare Morgan Stanley, che già negli scorsi mesi ha mostrato un certo interesse (e si direbbe rispetto) per Tesla – ritenendola addirittura tanto avanti rispetto alla concorrenza da rischiare di rendere quest’ultima completamente sorpassata, dopo avere analizzato in modo approfondito la sua rete di infrastrutture ha fatto presente che questa rappresenta una “differenziazione chiave” e quindi un vantaggio del produttore californiano rispetto agli altri costruttori di veicoli elettrici. Merito di Supercharger e Destination Charging, quindi, ma anche della Gigafactory I, mega-fabbrica di batterie a Reno, in Nevada, e delle centinaia di negozi e service center già sparsi in gran parte del pianeta.
“Tesla punta a 10mila Supercharger in tutto il mondo entro la fine del 2017 (6.246 al 17 agosto) e stimiamo che ci saranno 15mila Destination Charging entro la fine dell’anno”, spiega Morgan Stanley in una nota: “Aggiungiamoci i 149 service center interamente posseduti e gestiti da Tesla, i 301 negozi a livello mondiale e la più grande fabbrica di batterie al mondo (la Gigafactory I a Reno), e stimiamo che Tesla abbia destinato quasi 8 miliardi di dollari alle infrastrutture di produzione, assistenza e ricarica della sua flotta di veicoli”.
Sempre secondo le stime di Morgan Stanley, le cui previsioni non escludono che nel 2020 un’auto elettrica su due nel mondo potrebbe essere una Tesla, questi grandi investimenti fatti dalla compagnia di Elon Musk e il fatto conseguente di non dovere fare affidamento su terze parti per produrre e ricaricare i propri veicoli – come sono invece costretti a fare i suoi concorrenti – porterà la casa di Palo Alto a un vantaggio competitivo che lascia pochi spazi a dubbi. Risultato? La flotta globale di Tesla raggiungerà mezzo milione di veicoli entro il prossimo anno, e più di trenta milioni di auto nel corso dei prossimi due decenni: “Stimiamo che la popolazione globale di veicoli Tesla su strada raggiungerà quasi le 300mila unità entro la fine del 2017 e, entro la fine del 2018, aumenterà dell’80%, arrivando a 531mila unità. […] Nel 2040, prevediamo che il numero totale di veicoli Tesla in uso sia vicino ai 32 milioni di unità, ossia 107 volte superiore al livello del 2017”.
Numeri da capogiro, insomma, che fanno sentire ancor più l’urgenza di uscire quanto prima dall’attuale “production hell”!
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