Abbiamo letto o sentito parlare tutti, nelle ultime settimane, dei problemi di Tesla nel far fronte al “production hell” dovuto alla massiccia produzione di Model 3. Ma se il rinvio delle consegne e la risoluzione dei problemi legati ai “colli di bottiglia” (peraltro già individuati nella Gigafactory I da Elon Musk e dall’amministratore delegato di Panasonic, Kazuhiro Tsuga) rimane una questione di tempo, all’interno di Tesla sono rimasti tutti sorpresi da un fenomeno che non si aspettava nessuno: l’arrivo della Model 3 non ha portato a una diminuzione di vendite della Model S e della Model X. Al contrario, le due supercar elettriche hanno fatto segnare proprio nell’ultimo trimestre preso in esame (Q3 – da luglio a settembre) i loro record di vendite a livello globale.
Nessuno se lo aspettava, neppure Musk. Eppure è successo: non sono mai state vendute così tante Model S e Model X come adesso, momento in cui la febbrile attesa per la Model 3 sembra far parlare solo di lei. Del resto, con oltre mezzo milione di preordini (cifra confermata dallo stesso Musk già alla fine di luglio), la neonata di casa Tesla aveva fatto credere a tutti che la pensione anticipata per le sue due sorelle maggiori fosse già in arrivo. E invece, sia in Nord America, che in Asia che in Europa sono cresciute sia le consegne che gli ordini di Model S e Model X.
Ciò che Elon e Tesla temevano, con l’arrivo della Model 3, era in particolare il cosiddetto “effetto Osborne”, ossia l’impatto che ha sulle vendite di determinati prodotti già in commercio l’annuncio, dato con eccessivo anticipo rispetto alla sua effettiva disponibilità, di un nuovo prodotto. Se poi si considera che il prezzo del nuovo prodotto in questione è in certi casi anche di molto inferiore di quelli che lo hanno preceduto, le paure erano parecchio fondate. E invece, vuoi perché l’attesa della Model 3 per alcuni è eccessivamente lunga, vuoi che il nuovo modello di Tesla non è un’evoluzione di quelli precedenti, ma qualcosa di completamente nuovo, l’”Osborne effect” non si è verificato.
Per la precisione, nel terzo trimestre del 2017, Tesla ha consegnato in totale 25.915 Model S e Model X (insieme), ossia cento volte in più rispetto a soli cinque anni fa. Nonostante il disfattismo regnante su alcuni media sulle sorti di Tesla (c’è addirittura chi ha ipotizzato che l’azienda possa chiudere prima dell’avvio della sua fabbrica cinese a Shanghai), ciò significa una crescita del 4,5% rispetto al trimestre precedente, e di un importante 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E questo senza considerare quali saranno i numeri nel momento in cui la produzione di Model 3 procederà senza più intoppi.
In effetti, questo momento non sembrerebbe troppo lontano, nonostante i ritardi, i “bottle necks” e le notti insonni di Musk sul tetto della Gigafactory in Nevada. Sì, perché il patron di Tesla nell’ultimo periodo è rimasto fedele alla sua linea, e per risolvere le criticità legate all’avvio di produzione della Model 3 si è letteralmente trasferito nella mega-fabbrica di Reno. Non a caso sul suo profilo Instagram ci sono foto e video che lo ritraggono sul tetto della struttura sia all’alba che nel pieno della notte (anche a campeggiare davanti al fuoco con i pochi colleghi rimasti fino a quell’ora).
Lavoro duro giorno e notte che sembrerebbe avere già dato i suoi frutti. Lo confermano anche le parole di Kazuhiro Tsuga, CEO di Panasonic, partner di Tesla nella costruzione di batterie. “Le cause dei colli di bottiglia nella produzione della Tesla Model 3 ora sono state individuate”, spiega Tsuga. Inoltre, “i processi per la produzione dei pacchi batteria saranno presto automatizzati, e così il numero di veicoli prodotti aumenterà rapidamente”. E se continua così, presto bisognerà velocizzare anche la produzione di Model S e Model X.
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